Comunicato stampa
In Italia 6 milioni di persone vivono in aree gravemente inquinate, ma le bonifiche sono ferme al palo.
42 i Siti di Interesse Nazionale (SIN) in attesa di bonifica, per una superficie di circa 170.000 ettari a terra e 78.000 ettari a mare, e 36.814 quelli di Interesse Regionale (SIR).
Salute precaria: aumentano tumori e morti nelle aree industriali contaminate.
ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera lanciano la campagna nazionale “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”
Le prime 6 tappe in alcuni luoghi simbolo dell’Italia inquinata e segnati da ingiustizia ambientale e sociale. Si parte il 27 novembre da Casale Monferrato (AL) in Piemonte, dove l’amianto della Ex Eternit continua a fare vittime
“Chiediamo che venga applicato il principio chi inquina, con impegni concreti e tempi certi per tutelare la salute e risanare le aree inquinate. È fondamentale promuovere, con la partecipazione delle comunità locali, piani di riqualificazione e riconversione dei siti produttivi nell’ottica della transizione ecologica, con la creazione di nuovi posti di lavoro grazie all’economia verde”
In Italia sei milioni di persone vivono in aree inquinate da bonificare (dato ISS). A una persona su dieci viene negato il diritto alla salute, a un ambiente salubre e allo sviluppo sostenibile dei territori. Nelle aree industriali non risanate aumentano anche i casi di tumori e morti. Dati che vanno di pari passo con quelli delle mancate bonifiche in Italia ferme al palo. Ad oggi sono 42 i siti di interesse nazionale (SIN) in attesa di bonifica – per una superficie di circa 170.000 ettari a terra e 78.000 ettari a mare -, e ben 36.814 i Siti di Interesse Regionale (SIR), per un totale di 43.398 ettari perimetrati. Sono in molti casi aree produttive dove le mancate bonifiche vanno di pari passo con un processo di de-industrializzazione che produce solo degrado ambientale e sociale.
Per riaccendere i riflettori su questi temi ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera, fanno squadra e lanciano insieme la campagna nazionale itinerante “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato” che le vedrà in azione dal 27 novembre 2024 al 3 aprile 2025 dal nord al sud della Penisola, per le prime sei tappe, che toccheranno alcuni luoghi simbolo dell’ingiustizia ambientale e sociale: dal Piemonte, il 27 novembre, a Casale Monferrato, una delle aree in cui insistevano gli stabilimenti ex Eternit dove ancora oggi l’amianto continua a fare vittime, al SIN di Taranto (15 gennaio); dal SIN di Porto Marghera (VE), la più importante area petrolchimica d’Italia (22 gennaio) a quello di Priolo, Augusta, Melilli e Siracusa (12 febbraio); dal sito ex Caffaro di Brescia (12 marzo), dove è stata riscontrata una contaminazione diffusa da metalli pesanti e policlorobifenili (PCB), al SIN Napoli Orientale (3 aprile).
Obiettivo della campagna portare in primo piano le storie, le ferite ambientali e le conseguenze sulla salute dei cittadini, chiedendo impegni concreti e tempi certi per le bonifiche mai realizzate, insieme a un piano di rigenerazione produttiva, con la partecipazione delle comunità locali, nell’ottica della transizione ecologica, per creare nuovi posti di lavoro dell’economia verde. Nel nostro Paese deve essere finalmente applicato il principio “Chi inquina paga”, secondo cui chi ne è responsabile è tenuto a sostenere i costi dell’inquinamento causato, compresi quelli delle misure adottate per prevenire, ridurre e porre rimedio al degrado ambientale. Un principio, fissato da direttive comunitarie e normative nazionali, che sulla carta è ben chiaro ma che ad oggi in Italia si fatica a far rispettare. Con questa campagna le associazioni promuoveranno in ogni tappa la costituzione di forum di progettazione partecipata per il futuro delle aree, coinvolgendo in primis le comunità locali.
“In Italia le mancate bonifiche – dichiarano ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana Legambiente e Libera, promotrici della campagna “Ecogiustizia subito” – sono un’emergenza nazionale di cui si parla poco e che va affrontata senza ulteriori rinvii. La politica e le istituzioni hanno sottovalutato questo problema, e nel frattempo ci sono milioni di cittadine e cittadini che hanno perso la speranza di futuro, tra inquinamento che permane e posti di lavoro che se ne vanno. Serve una presa di coscienza collettiva ma anche un serio impegno da parte delle istituzioni nazionali, a cominciare dai ministeri dell’Ambiente e delle Imprese, e quelle regionali e locali. Chiediamo a chi ha responsabilità politiche, di governo e amministrative di mettersi una mano sulla coscienza, ascoltando le persone che vivono in aree inquinate da bonificare garantendo loro il diritto alla salute, ad un ambiente sano e allo sviluppo occupazionale nell’ottica della transizione ecologica. Con la campagna “Ecogiustizia subito” andremo nei territori feriti in questi anni per accompagnare e sostenere comunità che rischiano di rassegnarsi al degrado ambientale e sociale. La giusta transizione ecologica del Paese deve partire da queste aree e da chi le abita, per tanti versi dimenticate dalle istituzioni”.
Perché è importante bonificare: Le associazioni ricordano che bonificare le aree inquinate significa garantire quel diritto alla salute, all’ambiente sano e allo sviluppo locale nell’ottica della transizione ecologica che oggi fatica ad esserci in questi luoghi. Inoltre, attivare un piano di risanamento può portare anche a benefici occupazionali ed economici. Secondo una stima di Confindustria, un investimento di 10 miliardi di euro nelle bonifiche dei SIN potrebbe creare 200mila nuovi posti di lavoro. Lo Stato, da parte sua, rientrerebbe di circa 4,7 miliardi di euro attraverso maggiori entrate fiscali e contributi sociali. In merito al tema lavori green e filiera occupazionale dell’economia verde (rinnovabili, economia circolare, ecc…) secondo gli ultimi dati del rapporto GreenItaly realizzato da Fondazione Symbola, da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne, alla fine dello scorso anno i green jobs sono arrivati a 3,1 milioni, pari al 13,4% degli occupati.
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