2 novembre, commemorazione di tutti i fedeli defunti

«Nessuno di noi, infatti, vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi» (Romani 14, 7-9)

Oggi nel giorno della commemorazione dei defunti, desideriamo accogliere l’invito di Baden, fratello scout ed Assistente Ecclesiastico che ora riposa in Cristo: «É bene che le Guide e gli Scout abbiano a ricordare quelli che ci hanno preceduto nel segno della fede e che sono ormai nella pace di Dio» (Dal libro Baden. Vita e pensiero di Mons. Andrea Ghetti, Edizioni TIPI).

Lo facciamo, lasciandoci accompagnare da alcuni passaggi di una lettera che sant’Agostino scrisse a Sapida, che aveva appena perso il fratello diacono. Ci consoli la promessa che la morte non ha l’ultima parola sulle nostre vite e che la passione per il bene e l’amore di chi ci ha preceduti «rimane custodito nel suo prezioso scrigno e nascosto con Cristo nel Signore».

«È bensì motivo di lagrime il fatto che non vedi più tuo fratello, che t’amava e ti venerava moltissimo per la tua vita e per la tua vocazione; lui ch’era diacono della Chiesa di Cartagine ora non lo vedi più, com’eri solita, entrare e uscire, sempre zelante nell’adempiere i doveri del suo servizio. Tu inoltre non ascolti più dalla sua bocca le espressioni d’ossequio che egli tributava alla virtù della sua cara sorella, con affabilità ed affetto pio e deferente. Quando il pensiero corre a questi particolari e ricorre la forza prepotente dell’abitudine, si riceve una fitta al cuore e ne sgorga il pianto, quasi fosse sangue. Il tuo cuore però sia in alto e i tuoi occhi saranno asciutti. Se ti addolora la perdita di questi diletti, che sono passati secondo il corso del tempo, non per questo si è spento l’amore che Timoteo nutriva e nutre ancora per Sapida; esso invece rimane custodito nel suo prezioso scrigno e nascosto con Cristo nel Signore. Quelli che amano l’oro, lo perdono forse quando lo serbano riposto? […] il cordoglio dei Cristiani non dev’essere di lunga durata. Se dunque hai provato dolore, ormai deve bastare e non devi rattristarti alla maniera dei pagani che non hanno speranza. Così dicendo, l’Apostolo non ha inteso proibirci di rattristarci ma solo di rattristarci alla maniera dei pagani che non hanno speranza. Anche le pie e fedeli sorelle Marta e Maria piansero il proprio fratello Lazzaro, che pure un giorno sarebbe resuscitato, sebbene non sapessero che allora sarebbe tornato a questa vita; il medesimo Lazzaro lo pianse perfino Gesù che pure era sul punto di risuscitarlo, volendo così evidentemente farci intendere che, se non ce lo comanda con un precetto, ci permette col suo esempio di piangere anche noi i morti, che pure crediamo destinati a risorgere per la vera vita. E non per nulla la S. Scrittura dice nell’Ecclesiastico: Versa lacrime su chi muore e prorompi in lamenti, come se fossi stato colpito da una crudele sciagura; ma poco dopo soggiunge: Poi però consolati della tua tristezza, la tristezza infatti può causare la morte, e la tristezza del cuore abbatte le forze».

(Dalla Lettera 263 di sant’Agostino a Sapida)

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